Senza una madre, come si può vivere?

Nel bellissimo romanzo “Narciso e Boccadoro” di Herman Hesse, ambientato nel periodo medievale, vengono raccontate le vicende di due amici -Narciso e Boccadoro appunto- che si conoscono poiché entrambi residenti nel monastero di Mariabronn in Germania.

I due ragazzi sono molto diversi fra loro per temperamento: Narciso, erudito ed equilibrato, lavora come assistente di greco all’interno del monastero, mentre Boccadoro ben presto scopre (grazie ai consigli sinceri dell’amico) le sue doti di artista e inizia a girovagare per il mondo, alla ricerca di nuove esperienze e della madre, una figura a lui pressoché sconosciuta poiché abbandonato in circostanze poco chiare, in tenera età. La ricerca della madre rappresenta il focus di tutto il romanzo.

La madre, equivalente della “base sicura” secondo J.Bowlby, rappresenta sia il punto di partenza che il punto di arrivo “emotivo” di ogni persona, uno dei bisogni fondamentali che permette all’individuo di raggiungere uno stato psicofisico “sufficientemente sano”.

Ella è per Boccadoro la grande assente, il fulcro mancante in un temperamento inquieto che lo porterà ad un’estenuante e sofferta ricerca fatta di incontri fugaci, grandi amori e altrettante delusioni. Ritroverà brandelli di quello che crede sia la madre nelle diverse donne che incontrerà lungo il suo cammino: il suo forte desiderio di averne un quadro unificato e chiaro è il motore che alimenta la sua carne e la sua inquietudine.

Senza una “base sicura” un bambino diventerà un uomo con poca fiducia nelle proprie capacità, tormentato, ansioso, così come Boccadoro: egli rivede una figura parziale della genitrice di notte, nei sogni e questa lo tormenta nei sogni e nell’anima.

Parafrasando Bowlby, egli definisce la persona senza base sicura come sola e senza radici.

Solo in punto di morte Boccadoro riuscirà ad elaborare questa mancanza: quando ritornerà al monastero dall’amico Narciso, ferito in seguito ad un incidente a cavallo, tormentato dalla figura di una donna che gli richiama la madre: bella, algida e rifiutante. Solo allora diventerà chiara la forma del suo viso e non sará più ossessionato dall’ardente desiderio di rappresentarla tramite l’arte pittorica di cui è dotato, tanta è la pace che ne deriva.

Ritrovare la figura materna nel proprio cuore rappresenta la svolta che gli permetterá di poter riposare, stavolta sereno, non più tormentato dalla paura e dalla rabbia del distacco.

Solo in punto di morte, comprese il senso della parola “madre”: nonostante l’abbandono e il senso di solitudine che penetrò nelle sue viscere fino a diventare devastante angoscia, riuscì in un certo senso a perdonarla e infine a lasciarsi morire.

“Ma come vuoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre? Senza madre non si può amare. Senza madre non si può morire”. Ciò che mormorò ancora in seguito non fu più comprensibile. Le due ultime giornate Narciso rimase seduto al suo letto giorno e notte e lo guardò spegnersi. Le ultime parole di Boccadoro gli bruciavano nel cuore come fuoco.

 

1Commento
  • Luisa Taietta
    Scritto alle 20:29h, 10 Febbraio Rispondi

    Struggente.
    Grazie Federica

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